Traduzione e adattamento di dott.sse Monica Tratzi e Chiara Tumminello, psicoterapeute
Foto di congerdesign da Pixabay
Vi raccontiamo oggi la storia di Caitlyn Smith, narrata nell’articolo originale di The Mighty “The One IBD Symptom We Don’t Discuss Enough”, di Caitlyn Smith, dal sito themighty.com.
Quest’articolo ha attirato la nostra attenzione poiché mette in luce gli aspetti emotivi del cammino che questa donna ha fatto per arrivare all’accettazione della sua malattia.
“Quando mi è stata diagnosticata la Rettocolite Ulcerosa a 14 anni, ero troppo giovane per capire il peso di quella diagnosi. Avevo appena iniziato il liceo e, per quanto ne sapevo, dovevo solo prendere i farmaci prescritti e andare avanti con la mia vita. Nello studio del mio gastroenterologo la mia dieta non è stata discussa, il mio stile di vita non è stato discusso e gli aspetti psicologici non sono stati certamente oggetto di alcuna discussione.
La diagnosi è arrivata nel 2001. Da allora, negli ultimi 19 anni ho avuto a che fare con due grandi riacutizzazioni. La prima è arrivata nell’estate del 2007, dopo aver terminato il mio primo anno di college. La seconda è arrivata nel 2018, circa sei mesi prima del mio matrimonio. Tra questi due momenti cruciali della mia malattia ho impiegato il mio tempo libero per informarmi sul tema. Ho partecipato a raccolte fondi, preso parte a eventi relativi all’IBD, parlato a serate di gala, raccontato la mia storia in siti Web e riviste, incontrato i miei amici più cari con IBD e mantenuto un regime di esercizio fisico sano per gestire i miei sintomi.
Quando è arrivata la seconda riacutizzazione nel 2018 pensavo di avere una solida conoscenza della mia malattia, mi sentivo un’esperta sul tema. Mi è stato spesso chiesto di fornire consigli a nuovi pazienti. Non volevo che le altre persone si sentissero isolate, sole e spaventate, perché è così che mi ero sentita io a 14 anni. A quell’epoca non sapevo nulla della mia malattia e reperire informazioni sul Web era difficile.
Ma dopo aver vissuto la mia prima riacutizzazione, mi sono resa conto che potevo essere una portavoce femminile nel mondo dell’IBD. Pensavo di avere un controllo sulle mie condizioni fisiche e psicologiche. Sono stata un’ “ispirazione” per così tante persone … tranne che per me stessa.
Ho anche affrontato problemi d’immagine corporea durante il liceo, l’università e gli anni successivi. Le riacutizzazioni e i farmaci hanno modificato il mio corpo sia nell’aspetto fisico che nella sua funzionalità, e ho passato anni a sentirmi insicura nella mia pelle.
Da sempre corro a livello agonistico, e questo mi ha aveva già predisposto a sentirmi insicura riguardo alla mia immagine corporea. A ciò poi si sono aggiunte la malattia cronica e una depressione non affrontata, che hanno distrutto negli anni la mia autostima.
Solo quando lo psicologo mi ha fatto riflettere sui conflitti psicologici alla base delle mie riacutizzazioni, le cose hanno iniziato a sistemarsi. Durante un colloquio mi ha suggerito gentilmente che il significato profondo delle mie riacutizzazioni era la paura di perdere il controllo del mio corpo, e dal momento che mi rifiutavo di abbandonare volontariamente il controllo allora il mio corpo lo faceva per me. Ero così impegnata a cercare di gestire tutto e tutti intorno a me, che mi stavo trascurando e il mio corpo mi stava semplicemente dando l’allarme in un modo che avrebbe attirato la mia attenzione. Sono rimasta sbalordita. Fino a quel momento, non avevo mai veramente compreso che esistesse un collegamento tra la mia depressione, la mia salute psicologica e la Rettocolite Ulcerosa. Fino ad allora non avevo mai affrontato le ferite più profonde della mia malattia; le stavo evitando.”
A volte avere una malattia porta a porsi domande su di sé e sul modo di gestire la propria vita. Questo può costituire un’occasione per rivolgere uno sguardo profondo a sé stessi e ad aspetti emotivi che fino ad allora erano stati non visti e trascurati. In tal modo questa situazione di sofferenza può diventare un’occasione di trasformazione e di una nuova e più profonda comprensione di sé e dei propri atteggiamenti funzionali e disfunzionali.
La figura dello psicoterapeuta in questo caso può essere di grande aiuto per entrare in contatto con gli aspetti più dolorosi e fragili di sé, portando ad accoglierli e a dar loro voce e significato. Così si potranno trasformare propri limiti in punti di forza, attraverso la consapevolezza della propria unicità e del proprio valore.
Dott.ssa Monica Tratzi
Dott.ssa Chiara Tumminello